Le persone manipolatorie sono coloro che riescono a farti fare qualcosa che tu non vorresti fare, o qualcosa che ti rende infelice, o qualcosa che ti rende succube, o qualcosa di oggettivamente sgradevole o ingiusto, come se fosse una tua libera scelta.
È importante uscire da un giudizio morale sui manipolatori.
Spesso si tratta di individui con personalità molto compromesse che riescono ad entrare in contatto con i punti deboli, profondi, della “vittima”, e ad utilizzarli “istintivamente” per creare una gabbia, un vincolo quasi indissolubile.
I manipolatori sono quasi sempre completamente autocentrati, mai empatici, ritengono che tutte le disgrazie del mondo siano accadute a loro, che l’ esterno sia fondamentalmente cattivo, che ciò che hanno passato/ stanno passando/ passeranno loro è qualcosa che gli altri non capiranno mai.
Sono fortissimamente attaccati alle loro patologie e quasi mai hanno una buona compliance con i terapeuti.
Normalmente hanno dei “servitori“, degli aiutanti che annullano se stessi e le loro vite per aiutare e sostenere il manipolatore che più è compromesso più in realtà è potente.
Abbandonare i manipolatori è difficilissimo.
Questo perchè, di solito, il manipolatore ha un fiuto geniale nella scelta dei servitori perfetti che hanno la patologia contraria alla loro: persone che hanno bisogno di sentirsi indispensabili perchè sentirsi solo importanti li fa sentire in pericolo di abbandono.
Si creano, così, dei legami patologici frequentemente indissolubili a meno che uno dei due, di solito l’ aiutante, non abbia un guizzo di salute mentale o si trovi in una situazione talmente schiacciante da decidere per la sua sopravvivenza mettendo in discussione il rapporto.
Normalmente l’ aiutante è terrorizzato dall’ idea di abbandonare perchè è vissuto fino a quel momento nell’ illusione proiettiva di essere indispensabile.
In realtà, l’ aiutante non è scelto in quanto esattamente lui/lei ma solo in quanto FUNZIONE di un bisogno patologico dell’ altro.
Per questo motivo l’ aiutante, assieme alla illusoria sensazione di essere indispensabile, percepisce uno stato dell’ umore di fondo depresso e allarmato perchè coglie la non specificità della scelta.
Sente, ma quasi mai capisce, che il messaggio del manipolatore NON è “SCELGO TE” quanto piuttosto “Scelgo UNO COME te”.
Ecco il doppio binario della sensazione profonda dell’aiutante: una sensazione di depersonalizzazione che induce uno stato ansioso- depressivo sottosoglia.
Quello che gli aiutanti non comprendono è che l’ unica azione sana che possono compiere, per se stessi e per il manipolatore, è rompere il gioco, andarsene.
Continuare all’ infinito ad essere funzione invece che persona ammala l’ aiutante e conferma il manipolatore nella sua patologia che diventerà sempre più alienante per l’ aiutante.
Ciò che l’ aiutante non riesce a immaginare è che il manipolatore sofferente, una volta lasciato solo, comincia a funzionare “perfettamente”.
Finché non trova l’ aiutante n.2, n.3, n.4… all’ infinito.
Questo quasi sempre senza vera sofferenza per la perdita della persona ma solo per la perdita della funzione (quindi nuovamente in un’ ottica autocentrata). Sofferenza che si esaurisce automaticamente al ritrovamento dell’ aiutante successivo.
Risulta evidente che la persona manipolatoria soffra di un disturbo narcisistico della personalità sommato ad aspetti sadici.
Un bel film sulla manipolazione all’interno di una relazione amorosa patologica è La corrispondenza, di Giuseppe Tornatore.