Me ne ha parlato un paziente in una seduta e, incuriosita come sempre mi accade quando un paziente mi parla di qualcosa che non conosco, me lo sono procurato e l’ho guardato.
Soprassedendo su una critica puramente cinematografica, che pure sarebbe assolutamente positiva, mi hanno intrigato i profondi aspetti psicologici e psichiatrici della storia.
Senza svelare il finale, ne racconto il contesto:
il protagonista ha avuto un grave trauma in seguito alla uccisione violenta della moglie e perde la MEMORIA ANTEROGRADA, cioè la capacità di formare nuovi ricordi riguardo a ciò che accade dopo l’incidente. In sostanza, qualunque cosa lui faccia, viva, pensi o dica si cancella dopo 10 minuti ed è come se lui non avesse vissuto quel tempo.
Il film comincia con il protagonista che si sveglia in una stanza di albergo, senza sapere nè dove si trovi nè perché sia lì, e, guardandosi allo specchio, vede che ha tatuato sul petto quello che deve essere lo scopo della sua vita: trovare ed uccidere gli assassini della moglie. Non riuscendo a trattenere alcun ricordo recente- ma ricordando perfettamente chi è, che vita faceva, come era la moglie…- è costretto ad usare dei supporti affinchè le sue giornate possano avere un senso e uno svolgimento.
Non potendo memorizzare usa il suo corpo come se fosse un taccuino (un MEMENTO, appunto. Gli Inglesi usando l’imperativo latino MEMENTO per indicare qualunque cosa serva a ricordare: un foglio, un appunto, un oggetto, una foto etc.) e continua a tatuarsi sul corpo tutto ciò che deve tenere a mente e deve avere sempre con sè. Per conservare gli altri ricordi scatta sempre delle polaroid su cui appunta delle note e le tiene sempre in tasca. La sua amnesia gli impedisce anche di ricordare e riconoscere chiunque lui abbia conosciuto dopo la morte della moglie.
La regia, magistrale, crea un film pieno di tensione psicologica con uno svolgimento tutto spezzettato in cui la confusione per la comprensione della trama corrisponde all’esatto stato d’animo dell’uomo senza memoria.
Ogni fotogramma – le immagini a colori vanno dal presente verso il passato e quelle in bianco e nero dal momento dell’assassinio in avanti fino ad arrivare a combaciare- deve essere compreso e infilato in una catena di successioni che non è immediata e che ci fa percepire e capire ESATTAMENTE quale sia lo stato di tensione e di confusione del protagonista.
Anche noi, come lui, dobbiamo momento per momento ricostruire un filo logico e un senso alla realtà interiore ed esterna. Non proseguo col resto della trama perché ne consiglio davvero la visione.
IL FILM CI PONE DEGLI INTERROGATIVI ENORMI:
- – E’ possibile vivere, esistere, se non abbiamo la possiblità di formare nuovi ricordi?
- – E’ possibile vivere se non si ha un progetto? (il protagonista resta in vita solo in virtù del compito di vendetta che si è dato)
- – Il non ricordarsi ciò che abbiano appena fatto ci permette un’esistenza psichica?
- – In un individuo cognitivamente sano, l’impossiblitià a creare nuovi legami è compatibile con la vita?
- – Se non ci ricordiamo di noi, possiamo essere ancora qualcosa?
Lascio aperte queste domande alla riflessione individuale.
Memento, 2000, regia di Christopher Nolan, con Guy Pierce