“Perfetti sconosciuti” è un film del 2016 di Paolo Genovese, con Valerio Mastandrea, Giuseppe Batiston, Marco Giallini, Anna Foglietta, Kasia Smutniak, Alba Rohrwacher, Edoardo Leo.
Soprassedendo sulla bravura degli attori- la crème de la crème degli attori del cinema italiano attuale- è venuta fuori davvero una pellicola godibilissima.
I rilievi psicologici sono legati sia al tratteggio di quanto ormai la tecnologia sia infiltrata nelle nostre vite e di quanto le “controlli”, sia a quanto ognuno di noi sia contemporaneamente buono e cattivo il che, immediatamente, mi fa pensare al seno della Klein.
I personaggi, così come il bambino che si rapporta col seno materno, diventano e possono diventare adulti solo se prendono coscienza del fatto che ognuno di noi – seno materno e noi stessi compresi- non è tutto buono/tutto cattivo, ma è sempre una miscela delle due cose.
Avere consapevolezza dei limiti, delle brutture, delle debolezze e delle sfaccettature dell’altro e di noi stessi ci permette un importante grado di consapevolezza e di condivisione.
E’ possibile anche vivere senza tale raggiungimento ma, come mostra bene il film, questa mancanza rende le relazioni meno vere.
I vari passaggi registici ci portano a parteggiare una volta per l’uno, una volta per l’altro, un’altra volta ancora a cambiare idea. Lo scorrere delle scene via via ci accompagna a capire che il giudizio iniziale forse è da discutere e che, ascoltando, mettiamo in discussione anche noi stessi e le nostre posizioni.
Il finale a sorpresa, poi, quasi quasi ci fa tirare un sospiro di sollievo.
Quando siamo in coppia possiamo davvero essere certi di conoscere tutti gli anfratti della vita interiore (e anche concreta) dell’altro? E’ possibile fidarsi completamente? Dobbiamo o possiamo accettare che tutto ha un limite e riuscire a starci dentro lo stesso?
“Siamo troppo diversi”